Cura degli anziani: si può battere il mercato?

di Francesca Bettio - Università di Siena, Dipartimento di Economia Politica
e Giovanni Solinas - Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Economia Politica

Febbraio 2006

 

Col diffondersi delle assistenti familiari, il settore della long term care nel nostro ricco Nord  sta assumendo  i connotati di un modello diffuso negli Stati Uniti dove una forza  lavoro 'etnica' e spesso immigrata, ma comunque a basso costo, media il conflitto fra lavoro di cura, da un lato, e  alta partecipazione lavorativa in presenza di servizi pubblici limitati, dall'altro. 

Non era facile prevedere che il modello Italiano di welfare,  tenacemente  radicato nella  famiglia,  riuscisse velocemente a convertirsi alla logica di un mercato del lavoro globalizzato, ed  e' quindi legittimo chiedersi se convenga lasciar fare al mercato -  che ha avuto il merito di offrire soluzioni impreviste - o  intervenire nell'evoluzione in atto.

Se si aderisce ad una agenda europea,  tre criteri chiave per  giudicare  i cambiamenti in atto sono efficienza, equità e sostenibilità, e per osare alcune prime valutazioni, si possono utilizzare i risultati di  indagini comparative recenti come Galca e Eurofamcare.

L'indagine Galca (Gender Analyses and Long term Care Assistance), in particolare, è stata condotta  con criteri omogenei su campioni  localmente rappresentativi di circa 300 'main carer'  in  Danimarca (Roskilde) , Irlanda  (Dublino) e Italia (Modena). Essa permette non solo di delineare il profilo socio-economico dei main carer e le caratteristiche socio-sanitarie degli assistiti, ma anche di quantificare le singoli componenti del servizio di cura come  il tempo del main carer o la composizione e la durata dei servizi sanitari o assistenziali integrativi. Il dettaglio è tale che si può ricostruire il costo sociale complessivo dell'assistenza  a domicilio nelle tre realtà e confrontarlo con l'alternativa tradizionale del ricovero.

In Italia e in Danimarca più del 90 percento degli anziani assistiti lo sono assistiti a domicilio o in appartamenti attrezzati, mentre l'Irlanda registra una quota di assistiti in 'istituti' - case di riposo o residenze sanitarie - superiore al 20 percento. Quando l'assistenza è a domicilio, però, è quasi esclusivamente un familiare (donna) che si fa carico degli anziani in Irlanda come in Italia, mentre in Danimarca è il servizio pubblico a farlo. 

Secondo i risultati dell'indagine, spesso, ma non sempre, curare un anziano a domicilio costa meno alla collettività in tutti e tre i paesi che ricoverarlo in un istituto. In Italia, per esempio, il costo del ricovero in una residenza sanitaria supera per più del 40 percento il costo medio sociale della cura a domicilio. Inoltre, fatto 100 il costo medio per anziano assistito a domicilio in Italia, quello per la Danimarca è superiore di circa il 10 percento e quello per l'Irlanda raddoppia.  

I calcoli sono stati fatti a parità di potere d'acquisto e di grado di disabilità degli anziani e includono sia i costi monetari correnti a carico della famiglia e del pubblico sia il valore del tempo di cura non pagato del familiare (costo opportunità). Sui differenziali di costo cosi calcolati  influiscono vari fattori, ma due rivestono particolare importanza, rispettivamente la combinazione di tecnologia e domotica in Danimarca e l'impiego delle badanti in Italia.

Circa un quarto degli anziani danesi che ricevono assistenza sono ospitati in appartamenti residenziali attrezzati e con servizi sanitari centralizzati. Da un lato, si investe molto in apparecchiature tecnologiche per prolungare il periodo di autonomia e quindi di assistenza a domicilio; dall'altro si trasferisce l'anziano in appartamenti attrezzati solo quando l'autonomia è seriamente compromessa.

L'investimento in tecnologia e domotica permette di razionalizzare notevolmente il tempo degli operatori. L'indagine rileva, per esempio, che le ore settimanali di assistenza prestate dall'operatore pubblico a Roskilde  ad un anziano con disabilità media ammontano a quasi 9 la settimana contro le 32 sostenute dal solo main carer a Modena (escludendo il contributo di badanti ed altri familiari laddove sono presenti). La differenza maggiore è data dall'attività di supervisione e dall'assistenza ad attività  'strumentali' - quali fare la spesa o preparare i pasti - che pesano per i due terzi del totale a Modena e per meno di un quarto a Roskilde. In Danimarca, tuttavia, è sensibilmente inferiore anche il tempo di assistenza ad attività fisico-motorie quali lavarsi, vestirsi, camminare, mangiare e cosi' via.

La soluzione danese risparmia sui costi razionalizzando il tempo degli operatori. La soluzione italiana risparmia  rimpiazzando il tempo potenzialmente  'costoso' dei familiari con quello meno costoso della badante. A Modena circa il 27 per cento di tutte le famiglie che assistono un anziano ha dichiarato di ricorrere ad un aiuto pagato ed esterno alla famiglia, più della metà in situazione di convivenza con l'anziano.

Il ricorso alla badante attenua il conflitto fra lavoro e cura nel nostro paese. A Modena  il ricorso ad aiuti esterni alla famiglia sale fino al 35 percento se chi ha la responsabilità della cura lavora, e ciò contribuisce a spiegare perché la percentuale di chi ha dovuto lasciare il lavoro o ridurre l'orario per occuparsi dell'anziano sia molto contenuta: il 9 percento fra gli uomini e l'11 percento fra le donne. In Irlanda, per contro, coloro che hanno dovuto rinunciare al lavoro in tutto o in parte pesano per il 60-65 percento sul totale dei main carer, a seconda del genere. La ragione di valori cosi' elevati per l'irlanda è duplice: da un lato  i main carer sono mediamente più giovani  e quindi quasi sempre in età lavorativa;  dall'altro manca la risorsa della assistente familiare.  Ciò fa lievitare il  'costo opportunità' del main carer  Irlandese, trascinando verso l'alto il costo sociale complessivo.

Sia la soluzione italiana che quella danese presentano dunque aspetti allettanti di efficienza rispetto al costo. Comportano però problemi diversi.  Quello più sentito in Danimarca è la solitudine degli anziani, e il numero di ore di cura erogato dai servizi è ritenuto sufficiente per garantire la soddisfazione dei bisogni fisici,  non di quelli psichici. I problemi che la soluzione italiana  solleva riguardano non solo qualità e standard uniformi di cura, ma soprattutto condizioni di lavoro e di vita dei  lavoratori stranieri. Come si è  discusso spesso in questa newsletter la soluzione Italiana aggiunge problemi di equità sul mercato del lavoro a quelli di qualità della cura.

Diverse sono anche le implicazioni in termini di sostenibilità futura degli assetti attuali.   Per la Danimarca i possibili rischi sono di ordine finanziario, poiché, come noto, il costo della cura agli anziani è quasi interamente a carico della fiscalità generale e presuppone un equilibrio fra spesa pubblica e pressione fiscale il cui futuro non si può dare per scontato.

In Italia, per contro, il modello del badantato rischia di scontrarsi a medio termine con due sviluppi demografici noti e cionondimeno  importanti. Innanzitutto, il numero di anziani che non potranno contare su un familiare che organizzi e supervisioni il lavoro della badante è destinato a crescere per l'assottigliarsi delle dimensioni famigliari e l'inevitabile incremento della mobilità geografica. In secondo luogo, i flussi di immigrati/e temporanei o comunque a breve termine' dai paesi dell'Est è destinato ad assottigliarsi non appena la crescita economica di questi paesi riprenderà. 

Sono questi problemi di sostenibilità che giustificano interventi urgenti e mirati  quali:

a) investire in  tecnologia e domotica per  catturare i vantaggi dell'organizzazione danese nei confronti di quel segmento di popolazione che non potrà contare sulla famiglia o su risorse sufficienti per costose soluzioni individuali. Gli episodi di spiazzamento dell'offerta residenziale privata e pubblica che hanno fatto seguito alla tumultuosa offerta di badanti rischiano, infatti, di inviare segnali distorti rispetto alle esigenze di investimento nel lungo periodo, specialmente rispetto ai  cosiddetti 'appartamenti intelligenti'.

b) costruire percorsi di reclutamento, inserimento logistico e carriera mirati ad incrementare l' immigrazione a lungo termine nel settore e destinati a quei segmenti che sono più sensibili a prospettive di stabilizzazione. L'esperienza di  cura maturata presso le famiglie potrebbe essere fatta valere come prima tappa di un percorso di lavoro nel settore socio-sanitario. La gestione di questa prima tappa va però lasciata alla contrattazione delle famiglie, cioè al mercato, fatte salva l'offerta di servizi di supporto (come i corsi di lingua) e la salvaguardia di alcune tutele fondamentali per la famiglia e il lavoratore. Diversi enti locali si stanno muovendo in questa direzione. 


Riferimenti

Fondazione G. Brodolini (2004) GALCA project. Final Report  (Part 1) disponibile su supporto digitale e su richiesta (info@fondazionebrodolini.it). E' in preparazione un volume basato sui risultati della ricerca e relativi aggiornamenti.

Bettio F. e Solinas G. (2005) ' Is the 'Care Drain' Compatible with the European Social Model? The Case of Elderly Care', mimeo

Progetto Eurofamcare:  riferirsi al sito
www.uke.uni-hamburg.de/extern/eurofamcare/aims.html

Capecchi V. (2004). Innovazione tecnologica a favore di persone anziani e disabili, Economia Italiana , no. 1 (gennaio-aprile)

 

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