Se la badante torna a casa

di Sergio Pasquinelli
Aprile 2018

 

Temuto da tempo, il rischio che le badanti possano via via scomparire forse inizia a prendere corpo. Una presenza metabolizzata, molto sommersa, misconosciuta nelle sue caratteristiche: si fa molta ricerca sugli anziani e la non autosufficienza, ma del mondo delle assistenti familiari sappiamo ancora molto poco.


Possiamo rappresentarle come “il lato oscuro della forza”: la forza del welfare familiare, quello in grado di ingaggiare una persona esterna, spesso straniera, e di gestirne i delicatissimi e mutevoli rapporti con la persona bisognosa (anziana, ma anche disabile giovane e adulta). Forza oscura perché invisibile, silente, indecifrata.


Il caso della Lombardia: il loro numero è stabile…


In una regione in cui gli anziani aumentano tra le 40.000 e le 50.000 unità all’anno, la domanda di cura che non trova risposte nel sistema formale dell’assistenza tenderà inevitabilmente a crescere e a rivolgersi a questo mercato. Che tuttavia non sembra crescere. Secondo i dati Inps (vedi grafico) le colf in regola proseguono una diminuzione iniziata cinque anni fa, mentre il numero delle badanti – regolarmente assunte – è sostanzialmente stabile dal 2012.


Difficile dire quanto il mercato nero stia compensando lo stallo di quello regolare. I segnali che raccogliamo sui territori ci parlano di una crescita del mercato non dichiarato, ma a ritmi contenuti. E non è una buona notizia. Perché la capacità ricettiva del sistema dei servizi, domiciliari e residenziali, è quella che è e non vede a sua volta aumenti di rilievo. Il tutto ci porta a pensare che gli oneri ricadano, tanto per cambiare, sulle famiglie, che l’auto-risposta familiare sia in crescita, e che il welfare fai-da-te dilaghi. Dove chi si può permettere un’assistenza a pagamento la trova, mentre chi non può permettersela è inevitabilmente costretto a cavarsela da solo, mettendo a rischio equilibri e bilanci familiari spesso già precari.


Sommando mercato regolare e irregolare, secondo nostre stime (IRS e Qualificare.info) sono almeno 156.000 le assistenti familiari in questa regione. I lavoratori regolarmente assunti (57.367 a fine 2016) rappresentano circa un terzo del totale (Pasquinelli e Rusmini, 2015 “Primo Rapporto sul lavoro di cura in Lombardia”).


Numero di badanti e colf iscritte all’Inps in Lombardia


Fonte: Inps, Osservatorio sui lavoratori domestici.


…ma il loro peso relativo diminuisce


Perché le badanti non aumentano più – o comunque poco - a fronte di bisogni che crescono ben più rapidamente?
Da un lato la crisi lunga ha portato a un ritorno ai legami familiari. La riduzione della “esternalizzazione” del carico di cura e una maggiore assunzione in proprio di tali oneri sono dinamiche che riguardano un numero crescente di famiglie, sotto il peso di redditi che si sono contratti e di strutture familiari sempre più “corte”. Si tratta tuttavia di una tendenza sempre meno sostenibile, stante la diminuzione sul medio periodo delle risorse di caregiving interna alle famiglie.


Dall’altro lato ci sono cambiamenti che riducono la corrispondenza tra domanda e offerta di assistenza. La domanda di assistenza riguarda per esempio patologie cognitive e situazioni di demenza per cui l’assistente familiare si rivela soluzione spesso inadeguata. E poi abbiamo un’offerta di assistenza che vede diminuire le assistenti familiari disposte alla co-residenza, perché più integrate nella società italiana e autonome dal punto di vista abitativo. E tuttavia la domanda di convivenza è ancora preponderante e ciò fa ricadere sulle famiglie i carichi di cura più gravosi.
Come si stanno muovendo le politiche pubbliche, e il mercato, di fronte a questa realtà e a questi cambiamenti?


Le piattaforme digitali


Intanto il mercato si muove. Negli ultimi anni c’è stato un florilegio di siti che hanno cercato di penetrare un mercato che vale più di dieci miliardi di euro. Piattaforme diverse dove trovare la “giusta risposta”, qualche esempio:
-    Network.care
-    Familydea
-    Ni&No
-    WeMi
-    Professionebadante
-    Noon.care/
-    Helping.it
-    Badaplus

L’attività di questi portali ci dice che le relazioni “lunghe” non viaggiano sulle piattaforme digitali.


Perché i siti che offrono baby sitter sono molto più diffusi, e più utilizzati, rispetto a quelli che offrono badanti? Una baby sitter implica una prestazione breve, la si può cambiare facilmente, rappresenta un intervento puntuale e reversibile. Così non è per una badante, il cui intervento è di assistenza, con un carattere più stabile ed emotivamente marcato. La baby sitter si può provare una volta, un po’ meno la badante, che porta con se implicazioni relazionali più complesse. Non a caso la piattaforma di WeMi del Comune di Milano sta registrando molte più richieste per baby sitter rispetto a badanti.
Una piattaforma digitale è un ottimo mezzo per realizzare prestazioni singole e puntuali, leggere, come quelle proposte da Ni&No. Diventa viceversa un mezzo solo per facilitare l’incontro, non per gestirlo e realizzarlo, nel caso di interventi di più lunga durata e di complessità crescente.


Le relazioni “lunghe” hanno bisogno di fiducia, una fiducia che nelle più note piattaforme della sharing economy si alimenta attraverso il sistema dei feed back, sistema ancora del tutto estraneo alle piattaforme del welfare collaborativo. Si vedia più estesamente: "Il welfare collaborativo".


La badante condivisa tra mito e realtà


L’assistente familiare si regge su un modello individuale. Che isola le persone e ne mantiene la frequente solitudine. Di badante condominiale si parla ormai da anni. L’idea è quella di superare i limiti del modello uno a uno: perché se l’assistente familiare opera nello stesso palazzo può più facilmente occuparsi dei problemi comuni, svolgere piccole commissioni in modo più efficiente, favorire relazioni tra persone isolate.


Eppure i progetti che hanno cercato di proporre questa figura hanno prodotto risultati finora modesti. Persino il nuovo Contratto collettivo nazionale per i dipendenti dei proprietari di fabbricati prevede, a fianco dei custodi e di altre figure, la badante di condominio. Eppure trovare un’amministrazione condominiale che abbia questa figura è come cercare un ago in un pagliaio.


Le esperienze del Comune di Milano e di altri tentativi compiuti in questa come in altre regioni convergono nell’evidenziare tre principali ostacoli:

 

  • Il primo è legato all’organizzazione. Una figura di questo tipo ha bisogno di essere reclutata, coordinata e presidiata nella sua attività. Chi sostiene questi costi? È molto difficile trovare famiglie disposte a pagare di più una badante – di più perché gli oneri devono appunto comprendere il lavoro di agenzia, coordinamento, intermediazione, per il semplice fatto di essere la stessa che va dai vicini.
  • Il secondo ostacolo è legato all’interesse, mediamente basso, ad avere la stessa assistente che serve altri nello stesso palazzo o nella stessa zona. In una indagine svolta su un campione di anziani non autosufficienti in Emilia Romagna, solo il 24 per cento si è dichiarato disponibile a condividere una badante con altre famiglie all’interno del proprio condominio o quartiere (indagine Cergas Bocconi, 2016).
  • Il terzo limite è dovuto alla tipologia di bisogni a cui far fronte, che non possono essere particolarmente intensi, in termini di assistenza richiesta. Un’esigenza intensa preclude la possibilità di condividere la badante con altri.


Allo stato attuale, più fattibile sembra essere lo strumento del lavoro somministrato, proposta da alcune centrali cooperative tra cui la rete CGM. Si tratta di una soluzione che contribuisce anch’essa a ridurre l’isolamento dell’anziano, in quanto la badante viene assunta da un’agenzia per il lavoro, liberando la famiglia dalle incombenze derivanti dall’essere datore di lavoro. Vengono solitamente offerti anche supporti nella relazione di cura. Si tratta di una possibilità che sta prendendo piede, soprattutto per anziani con un limitato bisogno di aiuti assistenziali, dove la differenza di costo con l’assunzione diretta è limitata.


Conclusioni


Ogni anno aumentano oltre 50.000 gli anziani non autosufficienti in Italia. La rete dei servizi pubblici non sta tenendo il passo con questa dinamica. I partiti candidati a governare il Paese non hanno mai accennato al tema del lavoro privato di cura. Soluzione ancora preferita, ma che per un numero crescente di famiglie non è più praticabile perché non più “low cost” ma “high cost”.


Numerosi progetti e tentativi compiuti in questi anni non hanno modificato, se non localmente e in minima parte, il posizionamento di questa realtà: un welfare isolato, solitario e molto fragile.
Va rimesso al centro il tema del lavoro privato di cura, collegandolo con un disegno di riforma complessiva dei servizi per la non autosufficienza in questo paese.

 

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