Le assistenti familiari nella provincia di Piacenza

di Giuseppe Magistrali, Stefania Mazza, Ferderica Chiappa, Stefania Bianchi - ricercatori Enfap, Emilia Romagna
Febbraio 2007

 

L'invecchiamento della popolazione e le tendenze innovative rispetto alle politiche di welfare in Italia obbligano a inquadrare il fenomeno del badantato all'interno di un più generale processo di supporto alle famiglie e ai loro compiti di cura. Non quindi una soluzione a buon mercato di bisogni complessi da mantenere nell'area grigia del sommerso; bensì una via originale che necessita però di riconoscimento, emersione, qualificazione.

La solitudine è spesso la cornice in cui si struttura la relazione; la continuità e la qualità dell'assistenza diventano in molti casi pure speranze; così come le richieste alle badanti risultano quasi sempre estremamente gravose e retribuite solo parzialmente. Ovviamente non si può tacere anche il fatto che il ricorso a questa "nuova risorsa assistenziale" è uno degli elementi cruciali per garantire alle persone anziane e/o disabili il diritto fondamentale di rimanere a casa propria, laddove le condizioni lo consentano.

In questa ricerca si è concentrata l'attenzione sul territorio provinciale di Piacenza, escluso il Distretto Urbano, operando tuttavia un significativo raccordo con la situazione del capoluogo. Attraverso interviste qualitative in profondità (35, per complessivi 50 testimoni) si è cercato di far emergere le stime del fenomeno; la regolarizzazione; il contatto, l'inserimento; le relazioni famiglia-anziano-badante, chiedendo agli interlocutori di indicare proposte e piste di lavoro sia per conoscere che per "governare" meglio il fenomeno.

Nell'identificazione dei testimoni, si sono contattate persone che, a diverso titolo, si occupano di badantato. Si è garantita nel complesso dei diversi territori un'articolata rappresentanza di molteplici operatori e l'utilizzo di interviste qualitative in profondità ha consentito un approfondimento delle tematiche trattate di tipo esplorativo ed evocativo; cercando di portare alla luce i vissuti e le valutazioni degli interlocutori, cercando comunanze ma anche differenze, legate ai diversi territori, alle esperienze, ai ruoli. Volutamente non si sono considerati i punti di vista di anziani, famigliari e badanti. Alcuni risultati:

- La stima quantitativa del fenomeno risulta ancora relativa, mancando fonti strutturate e sistematiche di osservazione. C'è concordia nel ritenere molto rilevante il ricorso a questa assistenza, in alcuni casi più praticata rispetto al sostegno formale garantito dai servizi pubblici.

- Anche l'indicazione del livello di regolarizzazione è piuttosto aleatoria: sembrano però predominare la parziale o totale irregolarità. Si assiste ad una maggior presenza di donne dell'Est Europeo, talvolta con buoni livelli di formazione, ovvero con scarsa professionalizzazione.

- Nella dinamica domanda-offerta si è di fronte a differenziazioni: in alcuni casi (soprattutto di clandestinità) le badanti sembrano soggiacere passivamente alle condizioni imposte dalle famiglie. In altri emerge più contrattualità, con richiesta di spazi e garanzie che impediscono un affidamento completo dell'anziano. Le "24 ore su 24" appaiono meno praticabili di un tempo, il che può creare problemi ma anche responsabilizzare la famiglia, il sistema dei servizi e la comunità.

- Le relazioni sociali di queste persone sono soprattutto con le connazionali e sono ovviamente meno agevoli nelle zone montane (con forte resistenza ad accettare lavoro in località sperdute). Emerge la presenza di una rete di sostegno che talora potrebbe però celare anche sfruttamento e caporalato. I legami affettivi con chi è rimasto in patria restano forti e spesso si è di fronte a progetti migratori a tempo.

- I bisogni formativi sono avvertiti dalle badanti, dalle famiglie, dagli operatori. La lingua e la relazione culturale con l'anziano spiccano come prevalenti, ma anche la capacità di affrontare con competenza problemi e patologie complessi. Spesso il carico assistenziale in capo alla badante rende impraticabile qualsiasi percorso formativo minimamente strutturato e articolato.

- Sul piano relazionale la presenza della badante in famiglia assume caratteri di marcata ambivalenza: si registrano casi di dipendenza marcata (spesso reciproca) e altri di conflittualità rilevante. Dove la situazione si fa claustrofobica emerge il rischio della degenerazione verso il maltrattamento e la violenza (sempre da una parte o dall'altra del rapporto di cura).

La valutazione prevalente tra gli interlocutori è che le badanti costituiscano una risorsa preziosa ma cui serve riconoscimento e identità all'interno di una rete più ampia e articolata. La badante dovrebbe essere parte di un sistema di servizi flessibile, capace di rispondere ai diversi bisogni che si manifestano. Non una scorciatoia tipicamente italiana, ma una forma originale di supporto a domicilio per chi necessita di assistenza continuativa. Per far questo è necessario che il fenomeno emerga alla luce del sole, trovi canali di regolarizzazione, inquadramento e convenienza per ciascuno (badanti, famiglie, servizi).

Una maggiore qualità e continuità assistenziale; l'incontro tra domanda e offerta; l'affidabilità e il controllo; un'adeguata offerta formativa; la possibilità di consulenza nelle situazioni più complesse; la contiguità con i servizi domiciliari formali e la presenza del medico curante. Queste in sintesi alcune delle carte da giocare, oltre alla possibilità di utilizzare la leva del contributo economico tramite buono o voucher (per lo meno fino a certi livelli di reddito) per chi si regolarizza una badante. Solo così potranno funzionare al meglio iniziative quali l'albo, la formazione iniziale e permanente, la sostituzione temporanea o di pronto intervento.


Nota:
Il rapporto "Il lavoro di cura in chiaro. Le assistenti familiari immigrate nella provincia di Piacenza" può essere richiesto a ENFAP Emilia Romagna, contattando: segreteria@enfap.emr.it

 

Copyright | Privacy | Crediti