Modelli di interazione pubblico - privato e standard dei servizi per il lavoro

di Daniela Oliva - Istituto per la Ricerca Sociale, Bologna
Settembre 2008

 

I modelli di relazione pubblico – privato e gli standard di servizio, attuali e futuri, previsti nell’ambito dei servizi per il lavoro di alcune regioni medio-grandi del Nord Italia (1) - Emilia Romagna, Piemonte, Toscana e Veneto - evidenziano alcune caratteristiche rilevanti:
 

  • Non tutte le Regioni hanno già recepito con apposita normativa quanto definito dal decreto legislativo 276 del 2003. Le Regioni che lo hanno fatto non sempre hanno già definito i requisiti per l’accreditamento e l’autorizzazione e, se lo hanno fatto, non si sono discostate da quanto previsto dal decreto;
     
  • I servizi per il lavoro offerti sono sostanzialmente analoghi nelle quattro regioni;
     
  • In tutte e quattro le Regioni si sta lavorando alla definizione di standard qualitativi di servizio;
     
  • Nelle quattro regioni, molti sono gli attori che collaborano all’erogazione dei servizi; nella maggior parte dei casi, a questi attori sono richiesti standard di servizio, definiti però a livello provinciale da singole convenzioni;
     
  • Non emergono posizioni che si differenziano in maniera sostanziale tra le Regioni e rispetto alle indicazioni nazionali;
     
  • I percorsi di definizione degli standard e le modalità di relazione “pubblico-privato” sono ancora in via di definizione;
     
  • “Modelli” significativi di relazione pubblico-privato si sono riscontrati a livello locale (provinciale);
     
  • La fase di sperimentazione degli standard e delle modalità di relazione dei Servizi pubblici per l’Impiego con gli organismi pubblici e privati del territorio provinciale appare, in tutti i casi analizzati, un aspetto cruciale per poter mettere a punto un modello regionale flessibile e in grado di rappresentare adeguatamente le specificità (sociali, economiche, culturali e organizzative) dei mercati del lavoro locali.

Nel dettaglio, per quanto riguarda il tema della definizione degli standard di qualità, l’analisi dei casi regionali evidenzia come il processo, iniziato in tutti per tutti prima della riforma del mercato del lavoro del 2003, sembri avere le seguenti, comuni, caratteristiche:
 

  • È molto lungo e accidentato;
     
  • Richiede un coinvolgimento attivo e condiviso delle strutture pubbliche che erogano i servizi a livello provinciale;
     
  • Necessita di un sistema informativo comune.

Tre delle Regioni analizzate (Toscana, Veneto, Piemonte), hanno predisposto un Masterplan dei servizi. Nel Masterplan della Regione Veneto, ad esempio, vengono definiti le aree funzionali in cui si suddividono i servizi e, per ciascuna area, i servizi da implementare, descrivendo, per ogni funzione, finalità, utenza, modalità di erogazione, risorse necessarie (materiali informativi, locali, personale, ecc.), standard di input, standard di processo, standard di output, standard di risultato. Tali standard sono definiti come obiettivi a cui i Servizi per il lavoro devono tendere. Per l’adozione di questo Masterplan la Regione Veneto è in attesa dell’approvazione del Masterplan nazionale. Nella Regione Piemonte, il Masterplan ha incontrato molto dissenso e, attualmente, si sta procedendo ad una revisione del suo impianto nella direzione di una minore specificità degli indicatori e di una maggiore adattabilità ai contesti provinciali. In Toscana, invece, il Masterplan è stato approvato nel 2004 e solo successivamente si è proceduto alla mappatura dei servizi e alla successiva predisposizione di un sistema informativo comune che produce, tra l’altro, indicatori di monitoraggio. Infine, per quanto riguarda l’Emilia Romagna, la progettazione di standard essenziali di servizio, realizzata in collaborazione con le Province e il contributo di consulenti esterni, è rimasta allo stadio di documento tecnico a causa di riscontri negativi avuti in sede di Commissione Regionale Tripartita.

Per quanto riguarda, invece, il tema della relazione pubblico-privato, allo stato attuale, i casi più significativi di “modelli” si sono riscontrati a livello provinciale.

I soggetti con le quali le collaborazioni sono più frequenti sono Comuni, Università, società di lavoro interinale, associazioni di categoria, cooperative, società di ricollocazione del personale. Diverse sono le modalità attraverso le quali si esprime tale collaborazione: in Piemonte, attraverso, progetti Equal, in Veneto attraverso relazioni non formalizzate tra i CPI e i soggetti del territorio. In generale, il ricorso alla collaborazione con altri soggetti risponde a due principali esigenze:
 

  • alleggerire il flusso degli utenti presso i CPI e, contemporaneamente, fornire con maggiore capillarità sul territorio i servizi all’utenza (è il caso, ad esempio, degli sportelli comunali previsti dalle Province di Bologna, Pistoia Firenze e dagli accordi con le agenzia di lavoro interinale della Provincia di Rimini);
     
  • potenziare gli interventi verso i soggetti svantaggiati (è il caso dei nuclei territoriali della Provincia di Reggio Emilia, dei progetti Equal della Regione Piemonte e dei progetti di outplacement della Regione Veneto).

Dunque, a parte la valutazione di efficacia dei singoli “modelli” per la quale non ci sono, allo stato attuale, sufficienti elementi di riscontro, si conferma l’importanza di assumere il contesto provinciale come elemento principale di osservazione e applicazione di qualsivoglia modello venga definito a livello regionale.
 


[1] L’analisi è stata svolta nell’ambito del progetto “Azioni di sistema a sostegno dello sviluppo del mercato del lavoro e del sistema educativo di istruzione e formazione professionale - dispositivo multimisura: Il nuovo sistema dei servizi per il lavoro in Lombardia: standard e livelli minimi di servizio alla luce della Legge regionale n° 22/2006”. E’ stata realizzata un’analisi comparativa dei modelli sviluppati in altri contesti regionali, con un particolare focus sul tema della relazione pubblico-privato e della definizione di livelli minimi e standard di servizio (“Servizi al lavoro e rete degli operatori pubblici e privati: la Lombardia nel contesto italiano ed europeo” – Il rapporto è scaricabile al link http://bancadati.italialavoro.it).
In particolare, la ricognizione dei modelli di integrazione pubblico-privato e di standard e livelli minimi di servizio in alcune regioni italiane aveva come obiettivo l’analisi dei modelli di relazione pubblico-privato e degli standard di servizio attuali e futuri in alcune regioni settentrionali: Emilia Romagna, Toscana, Piemonte e Veneto L’analisi si è basata sia sulla documentazione disponibile, che su interviste a responsabili del sistema dei servizi per il lavoro delle regioni considerate. Nello specifico per le regioni considerate sono state condotte:
  • Analisi di secondo livello della documentazione disponibile (soprattutto i materiali regionali e rapporti di monitoraggio dell’Isfol, che consentono una comparazione tra regioni, e siti regionali);
  • Analisi delle leggi regionali di applicazione della Biagi;
  • Interviste dirette sulla base di uno schema di intervista ai responsabili regionali e agli attori locali (pubblici e privati) appositamente predisposto.
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